La peste del 600

  Il 1656 rimarrà sempre tristemente famoso negli annali cilentani. E' l'anno della peste che infierì in tutta la Campania e quindi anche nel Cilento, dove, scoppiata il 20 giugno, raggiunse il culmine di virulenza nel mese di agosto, falciando oltre la metà della popolazione.
  A Novi la peste fece la sua prima vittima il 6 agosto nella persona di Maria De Vita, una ragazza di 14 anni; il 17 agosto dello stesso mese mori l'abate Gennaro Manganello di 38 anni, quinto di una lunga serie di 126 morti; l'ultimo fu Martino Manganelli deceduto il 5 dicembre. Più precisamente le vittime furono 17 in agosto, 36 in settembre, 42 in ottobre, 29 in novembre, 2 in dicembre.
   Le ragioni per cui in Novi la peste si manifestò dopo ben 47 giorni rispetto agli altri paesi cilentani é dovuta al fatto che nel '600 ed anche fino a pochi anni fa Novi era tutto concentrato sul cocuzzolo del colle che fa da contrafforte al Gelbison e per di più chiuso in una cinta muraria, per cui vi si poteva entrare solo da quattro porte: Longobardi, San Giorgio, San Nicola (fino a tutto il secolo XVI detta "Porta San Cristofaro") e Portella.
   Inoltre é necessario tenere presente la condizione sociale di Novi piuttosto evoluta ed anche economicamente superiore a quella dei paesi limitrofi. Infine essendo Novi sede della Baronia e residenza vescovile, la presenza delle autorità civili e religiose facilitò l'osservanza delle disposizioni sanitarie emanate per impedire quanto più possibile il propagarsi del contagio.
   Ne troviamo conferma confrontando sia il numero complessivo, sia quello particolareggiato delle vittime della peste.
  A Vallo di Novi (l'attuale Vallo della Lucania) e nel contado limitrofo morì di peste oltre la metà della popolazione; a Novi invece, come detto prima, i morti di peste furono 126, corrispondenti a un quarto della popolazione di allora. A Ceraso in un solo giorno si registrarono ben 48 morti, in Novi il massimo lo si ebbe il 14 ottobre con 6 decessi.
  Nei tempi passati le sciagure di carattere generale erano considerate come segni manifesti dell'ira divina per i peccati dell'umanità. Per conseguenza in simili circostanze clero e popolo, non trovando altri rimedi a tante sciagure, ricorrevano all'aiuto del Cielo con preghiere accompagnate per lo più da voti a Gesù Cristo, alla Vergine Maria, ai santi Protettori, ai Santi Ausiliari, tra cui dal secolo XV fu annoverato San Rocco come protettore contro la peste contro tutte le malattie epidemiche.
  Nel 1630 nel Milanese e più ancora nel Veneto a centinaia di migliaia si annoverano le vittime della peste. Il 21 novembre di quell'anno il Senato di Venezia fece solenne voto alla Madonna che, se fosse cessata subito la peste, le sarebbe stato eretto un magnifico tempio in segno di gratitudine. Dagli annali veneziani risulta che, il giorno stesso in cui fii posta la firma alla deliberazione, non si registrò più in Venezia nessun nuovo caso di peste, il che si verificò anche in Chioggia e in molti paesi del Veneto nel giorno seguente. Fedeli alla promessa fatta, i Veneziani edifícarono subito quel sontuoso tempio che porta il titolo "La Madonna della Salute", vero capolavoro dello stile barocco, quale solo Venezia con la sua ricchezza poteva attuare.

  Testo tratto da:
sac. Carlo Zennaro, Breve Storia Popolare di Novi Velia, a cura di Vincenzo Cerino Pro - Loco Novi Velia, litografia Vigilante srl, 2001, pp. 119 ss.


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